Domenica 19 Gennaio abbiamo avuto il piacere di ospitare l’inaugurazione della mostra Elsewhere.
Le fotografie di Susanna Crisanti rimarranno nelle nostre sale almeno fino ad Aprile, mentre un’altra selezione di opere è esposta in parallelo presso Blendage Gallery Store.
Susanna è stata così gentile da concederci un’intervista, in cui abbiamo parlato delle sue impressioni sul mondo della fotografia e sulle sue esperienze di viaggio.
Sul tuo sito dici che ti piace molto viaggiare. In genere cosa ti colpisce maggiormente dei luoghi che visiti?
Il viaggio è prima di tutto un’immersione di sensi. Un intreccio di suggestioni e sensazioni. Purtroppo sempre troppo breve per poterne cogliere l’essenza. Viaggiando da turista ci si deve accontentare di un assaggio, limitato nelle dimensioni di spazio e tempo, di tutta una serie di sollecitazioni visive, olfattive, sonore, emotive, che contribuiscono a vivere un’esperienza. Dal punto di vista fotografico mi colpisce l’immensità. Che può tradursi o negli sconfinati spazi di un paesaggio (nella perfezione delle creazioni della Natura), nella profondità degli sguardi delle persone, ma anche nella bellezza estetica di un’architettura o di un manufatto.
Quale delle tue mete ti ha lasciato i ricordi più belli fino a ora?
Non parlerei di ricordi, ma di esperienze. Quelle più intense sono legate alle prime volte: la prima volta in un deserto, la prima volta in Paesi tanto diversi dall’Italia come l’India, o lo Yemen. Anche se è solo quando si torna una seconda volta che si è più disposti all’approfondimento.
Amo l’Asia e ci torno spesso. Con l’Indocina c’è un feeling particolare, impossibile da definire, molto forte.
Fai foto solo quando viaggi, oppure lavori anche in uno studio in Italia?
Principalmente fotografo in viaggio. A volte però mi capita di prendere la macchina fotografica e passeggiare per Milano, nelle giornate in cui c’è una luce speciale, perché la luce è la componente primaria di qualsiasi fotografia.
Ci sono fotografi o correnti che influenzano più di altri il tuo lavoro?
Scontato dire Steve McCurry: è il più facile da prendere come esempio quando si viaggia con poco tempo a disposizione. Il mio fotografo preferito è Kenro Izu: tecnicamente strepitoso, immenso nella visione lenta e riflessiva dei luoghi (guarda caso i miei prediletti). Le sue foto hanno una componente estetico-compositiva raffinatissima, che mi lascia totalmente estasiata.
Sei autodidatta oppure hai seguito dei corsi specifici?
Sono totalmente autodidatta. Ma mi piacerebbe seguire un corso di fotografia, per avere più padronanza della tecnica di ripresa e soprattutto per imparare un po’ di postproduzione digitale.
Che cosa vuoi comunicare con le tue foto?
Le note che conducono all’ascolto del luogo.
Tre aggettivi con cui descriveresti Elsewhere.
Non sono io che devo attribuire degli aggettivi, ma chi visita la mostra.
Qual è la fotografia della mostra alla quale sei più legata e perché?
Tutte hanno una storia, tutte hanno dei motivi per i quali sono state scelte tra tante altre. Sforzandomi di selezionarne due, indicherei quella del pescatore a Don Deth e quella della finale di Champions. La prima perché ha la capacità alchemica di trasformare l’acqua in fuoco e perché è scattata sul Mekong, il mio fiume preferito. La seconda perché è strettamente legata all’emozione di essere stata presente alla conquista del Triplete, in uno scenario unico come quello del Santiago Bernabeu.
Ogni territorio è caratterizzato anche da una precisa tradizione gastronomica. Quali sono i cibi più strani che ti è mai capitato di provare durante i tuoi viaggi?
Cibi strani ne ho visti tanti, ma ho preferito evitare di mangiarli: ragni, larve, topi. Ho invece assaggiato il serpente, che è ottimo. L’Oriente offre magnifici frutti, belli da vedere e da gustare.
Quale piatto italiano invece ti manca di più quando sei all’estero?
In alcuni paesi non ho nostalgia della cucina italiana. In Vietnam, Thailandia e nel Sud est Asia in genere si mangia bene, così come in India o in Iran. In altri invece il cibo è decisamente ostico: Mongolia, Yemen… Lì si che sogno un bel salame felino o un piatto di trenette al pesto! La mia filosofia è comunque quella di mangiare solo piatti locali. Mi rifiuto di ordinare pizza o pasta fuori dal territorio nazionale.
Abbiamo visto sul tuo sito che sei grande fan dell’Inter. Hai qualche posto in particolare dove ti piacerebbe portare la bandiera della squadra?
L’ho portata la scorsa estate a 5.400 metri, sull’Himalaya. E’ stata la prima volta che sono partita da Milano con la bandiera nello zaino. E’ stata contenta di vedere luoghi che non fossero il solito San Siro. Credo che la porterò ancora con me.
Per vedere alcuni scatti dalla giornata d’inaugurazione, potete visitare la nostra pagina Facebook.